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  • Rivoluzione formazione – Parte II

    Rispetto alla formazione si potrebbe dire che tutto stia cambiando.

    In realtà questo non è vero in assoluto.

    Quando si parla di cambiamento è sempre importante tenere bene a mente da dove si parte e dove si arriva.
    L’ultimo anno è stato il momento meno adatto per scoprire che il nostro Paese non sia strutturalmente preparato ad affrontare la formazione digitale: le emergenze rivelano i punti deboli del tessuto consunto, così come la vela si strappa in burrasca.
     

    Assistiamo inoltre ad un ritardo normativo sconcertante, in cui le nuove tecnologie sono contemplate con così tante limitazioni da non poterle davvero contemplare nelle possibili forme integrate di formazione; e la burocrazia degli accreditamenti diversi regione per regione paralizza una libera concorrenza di mercato, quasi a voler ribadire che le aziende italiane non sono capaci di scegliersi i fornitori e gli stessi devono essere preselezionati dalla pubblica amministrazione.

    Una pubblica amministrazione con una forza lavoro non formata, infrastrutture digitali incapaci di interagire con il cittadino, se non al prezzo di ore perse da parte di utenti e aziende in infiniti tentativi e processi informatici all’altezza delle procedure cartacee.
    Aggiungiamo una classe dirigente delle imprese che manifesta una rilevante impreparazione sul versante dell’uso del digitale (con tutte le dovute eccezioni naturalmente).

    Lo shock del 2020 ha messo a nudo i ritardi e le fragilità infrastrutturali e culturali di tutto il sistema. La speranza ora è quella di assistere al solito miracolo italiano.
    La scommessa è recuperare il ritardo con il nord Europa, lasciando indietro meno vittime possibili.
    È stato un anno di cambiamento epocale, ma qualcosa già stava cambiando: da tempo era possibile conseguire una laurea on line; diversi professionisti del mondo IT avevano costruito la propria competenza dalle piattaforme di servizi di e-learning, a costi estremamente contenuti e senza muoversi dalla propria città.

    Per una parte di giovani, quelli non tagliati fuori dal fenomeno “digital divide”, anche il modo di apprendere stava cambiando: accesso frequente a banche dati per la formazione, modelli e fonti inesauribili di conoscenza, reti sociali multilingue…
    Se per molti lo smartphone è strumento di socialità e divertimento (e menomale!), è anche vero che il “mobile learning” non è stato solo una modalità proposta dalle aziende più avanzate nei confronti dei propri utenti, ma è stata anche la strategia con cui molti studenti hanno potuto sfruttare al meglio “l’apprendimento in movimento”, magari sui mezzi verso la scuola, piuttosto che in qualsiasi luogo che rendeva non più così imprescindibile una scrivania dove studiare.

    Tra le cose utili di di questa esperienza pandemica, (sì, ci sono alcune cose utili!), una è stata quella della scoperta del training on line da parte di alcune aziende lungimiranti.
    Al primo lockdown la necessità di formare i propri lavoratori nella gestione del Virus, a fronte di un limitatissimo tempo dei lavoratori e l’impossibilità di radunarsi in un’aula, ha visto comparire due modalità di risposta (tre se si considera un mix delle due):

    •  la produzione di tonnellate di protocolli che venivano spediti ai lavoratori con il vincolo di studiarli e dichiarare la ricezione (a volte anche con test fatti sul campo per la verifica dell’apprendimento);
    • la creazione di piattaforme di e-learning aziendali, o l’accesso a servizi terzi di e-learning, per poter erogare corsi on demand, o frequentare corsi in aule virtuali.

     
    Ma quali sono stati i vantaggi e gli svantaggi?

    Dalle prime valutazioni risultate da esiti di customer satisfaction, la formazione on demand (in Italia detta asincrona, ovvero la visione del video “quando posso” e “ovunque sia”) supera in gradimento di gran lunga la formazione sincrona, ovvero quella che avviene in aula virtuale, con vincoli di orario, di tecnologia adeguata (microfono, telecamera, device e software non sempre facili da gestire).
    Il fallimento formativo della DAD, in termini di risultati di apprendimento, è la certificazione di questi limiti, spesso dovuti anche a fattori infrastrutturali nazionali, quali la scarsa copertura della rete, o reti che non reggono il traffico elevato, la poca preparazione del corpo docente… In ogni caso una conferma del dato negativo nella valutazione della formazione sincrona.
    L’apprendimento attraverso corsi on demand risponde a quei fenomeni sociali per i quali il nostro tempo-lavoro è ormai talmente saturato dal quotidiano che pur di non dovermi fermare per la formazione, la faccio in pullman mentre torno a casa (si spera non guidando), oppure dopo cena, o rubando un po’ di tempo al quotidiano accordandomi con i colleghi…
     

    Come utilizzare i video di microlearning nella formazione?

    La disponibilità dei lavoratori di una impresa al “Bring Your Own Device (BYOD) [Usa il tuo proprio dispositivo]” ha determinato maggiore flessibilità non solo per quanto riguarda l’apprendere “in movimento”, ma anche per il dispositivo utilizzato, che può essere scelto ciascuno secondo la propria preferenza; il tutto con un enorme risparmio da parte delle imprese, essendo questa formazione fuori dall’orario di lavoro e con hardware non a carico dell’azienda.
    In tal senso confortano i dati recenti che mostrano che quasi il 70% dei discenti adulti e giovani, preferisce utilizzare i propri smartphone per l’apprendimento.

    Questo fenomeno, che come abbiamo detto ha importanti conseguenze economiche e sociali, ha determinato un cambiamento rilevante nella modalità di erogare formazione, spostando l’attenzione sull’utilizzo di formati di progettazione che funzionano efficacemente sugli smartphone e possono essere utilizzati per offrire esperienze di apprendimento ad alto impatto. Torna ad essere estremamente rilevante l’utilizzo dei video nell’e-learning.
    È la combinazione di microlearning e video a determinare il valore per una buona strategia di apprendimento. La sua versatilità ne consente l’utilizzo sia per la formazione formale che per interventi di supporto alle prestazioni, anche se come in tutte le cose, il crescere della qualità determina un innalzamento dei costi della produzione.
    Nella giungla dei prezzi si trova di tutto: 400 euro per 4 ore di corso, 3.000 euro per 15 minuti di microlearning, fino alle produzioni in 3d o in virtuale, che superano budget sostenibili dal mondo dei comuni mortali.
    Perché tanto scostamento nei costi? Perché comparare i costi di una formazione on line prodotta con una voce sintetica che legge delle slides, con una produzione video e di microlearning risultato da uno storytelling, è come comparare un picnic al parco con un soggiorno di una settimana in una residenza esotica: sono due prodotti che in comune hanno solo il media, ma non possono essere messi a confronto tra di loro

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